Di cosa parla questo articolo?
Se uno pensa alla figura del radiocronista, il primo accostamento che gli viene in mente forse non è quello con la figura del copywriter. Ci può stare.
Per fare bene il copy è necessario, però, ricercare continui riferimenti culturali anche al di fuori del proprio strettissimo ambito di attività. Dischi, videogiochi, film, cartoni animati, libri: tutto va bene e tutto può tornare utile quando ci si mette alla tastiera e si deve scrivere un copy, ideare uno slogan o inventarsi un nome per un nuovo prodotto/servizio.
Di recente, a questo proposito, ho letto Radiogol, l’ottimo libro di Riccardo Cucchi, uno dei radiocronisti RAI più noti e apprezzati. Il volume ripercorre varie tappe della sua carriera professionale. All’interno delle pagine ho trovato non solo varie istantanee della mia infanzia e adolescenza, ma anche utili spunti di riflessione sul lavoro del copy.
Ti spiego perché.
un gran bel libro
Il radiocronista è un mediatore
Così come è successo a decine di migliaia di altri ragazzi cresciuti negli anni ’90, la voce di Riccardo Cucchi è legata a ricordi personali che non scorderò facilmente. Sebbene siano passati parecchi anni, ho ancora ben chiaro in mente dove fossi quando la Juventus, sotto il diluvio di Perugia, perdeva lo scudetto a favore della Lazio; ancora, so molto bene che il 5 maggio 2002 ero in gita di terza media, ad Amalfi, e ascoltavo la radio sbigottito per il dramma sportivo dell’Inter.
Mi ricordo cosa facevo quando il Milan vinceva 3 a 0 contro il Manchester United, e in generale conservo gelosamente il sapore delle domeniche di calcio senza TV, accompagnate solo dalla voce dei radiocronisti di Radio 1 in attesa di 90° Minuto.
Insomma: Tutto il Calcio Minuto per Minuto, e i programmi di Radio Rai Sport, hanno segnato la mia adolescenza.
pulizia linguistica, garbo, stile misurato: tutto il calcio minuto per minuto mi ha insegnato a parlare bene
Tutto molto bello, sicuramente molto romantico, ma che c’entra con la professione di copywriter? Prendiamola alla larga: leggendo Radiogol ci si imbatte in una definizione di cronista che mi sembra veramente molto bella. Cucchi spiega:
…siete solo mediatori, non attori. Mediatori tra l’evento che raccontate e coloro che vi ascoltano. Il vostro compito è far vedere la partita a chi non la vede.
Il cronista è un testimone di quello che avviene sul campo, che deve raccontare quanto vede cercando di essere imparziale, quasi trasparente, ma anche vivo, capace di trasmettere emozione. Prova ad ascoltare questo video – non importa quale squadra tifi – e cerca di respingere il fremito di emozione che segue ogni volta che Cucchi urla: “Rete!”
Ancora meglio, Cucchi indaga anche la radiocronaca dal punto di vista puramente lessicale. I radiocronisti, in quanto mediatori e testimoni, non devono inserire forzature che possano far perdere di vista l’evento che si sta raccontando:
Evitate i luoghi comuni, le frasi fatte, quelle inventate prima di essere in diretta perché suonano bene, producono effetto. E soprattutto non deve esistere, secondo me, un commentatore che voglia sovrapporsi all’evento che racconta, diventando protagonista anche attraverso i suoi modi di dire.
Quest’ultima citazione può già considerarsi un primo collegamento tra cronista e copywriter, nel senso che se ognuno di noi ha un suo stile personale che può e deve affinare nel tempo, è anche giusto ricordare che lo scopo ultimo non è quello di far vedere quanto si è bravi, ma quello di comunicare un messaggio.
Il copywriter è un suggeritore
Anche il copywriter è un tramite, un canale che permette all’azienda di farsi conoscere dai clienti. Prendiamola alla larga anche qua: nei miei anni universitari ho letto e riletto decine di definizioni diverse di marketing, tutte molto chiare e sicuramente più autorevoli di qualsiasi idea possa avere io in proposito.
Dopo studi più o meno proficui, penso di aver capito che il marketing è quella linea che parte dall’azienda (o dal professionista, organizzazione no profit, venditore di frutta al mercatino, ambulante che vende i fazzoletti) e arriva al cliente. E il copywriting, in tutto questo, si inserisce nella zona finale di questa linea, ricavando un piccolo spazio tra politiche di prezzo, canali di distribuzione e via dicendo.
una delle tante definizioni date da Kotler nel corso degli anni
Se è vero questo, se è giusto affermare che il marketing è una linea che cerca di unire azienda e cliente, allora mi pare ancora più corretto dire che il copywriter è un tramite. Ma, al contrario del cronista, il copywriter non può essere un testimone.
Non può esserlo per motivi materiali e spirituali. Per prima cosa, molto spesso il copywriter che scrive un testo per un sito internet non è entrato materialmente in contatto con l’attività di cui sta parlando. Ho scritto descrizioni di alberghi, copy per agenzie funebri, post per aziende che installano piscine, e non ho mai avuto l’occasione di vedere con i miei occhi i prodotti e i servizi che stavo descrivendo.
In secondo luogo, il copywriter deve convincere e, appunto, suggerire che quel tale prodotto/servizio è proprio quello che serve a te, cliente che vaghi per il mondo. E allora è ovvio che si metteranno in luce solo gli aspetti positivi, non chiedendosi nemmeno se il prodotto che si sta cercando di spingere sul mercato ha qualche difetto o controindicazione.
O meglio: si può anche fare, volendo, ma deve trattarsi di una precisa strategia comunicativa che per fare effetto deve essere comunque spiegata chiaramente e in parte già intesa dal cliente. Come in questo esempio:
uè Ambrogio, sono tornati
Perché Ferrero non vende le sue piccole delizie d’estate? Perché sono di cioccolato, si sciolgono e se le scarti ti sporchi tutto e ti combini una porcheria. Il prodotto ha un difetto, anche bello fastidioso, che però viene trattato in modo tale che sembri un pregio. Del tipo: “siccome siamo così attenti alla qualità – e alla tua esperienza di consumatore, ndr – noi non vendiamo i nostri prodotti d’estate, perché si sciolgono. In autunno, però, potrai riassaporarne tutto il gusto, più buono che mai.”
Non è un patto col diavolo e non significa agire in modo disonesto: uno pensa subito alla pubblicità manipolatrice che ci fa comprare cose che non ci servono, ma una buona comunicazione può far partecipare le persone a una campagna per il sociale, aumentare la consapevolezza verso un’iniziativa del tuo quartiere, promuovere una manifestazione culturale.
Fa tutto parte del compito di chi, all’interno della Grande-Linea-del-Marketing™, deve fare arrivare il suo messaggio al cliente.
Un suggeritore è anche un mediatore, tutto sommato
E se, quindi, il cronista deve far vedere tutto ciò che accade su un campo di calcio e il copywriter deve fare vedere quasi tutto quello che riguarda un prodotto, quale punto d’incontro ci può essere tra i due? Facile, anche banale: la parola. Leggi questo estratto del libro di Cucchi, e vedi se non ci starebbe bene in qualsiasi guida di SEO copywriting di un qualsiasi project manager:
È un lavoro di sottrazione, sottrazione di ciò che non serve […] Non sprecare parole è il punto di partenza.
Rispettare la parola è il punto di incontro. Se penso alla mia storia personale, mi rendo conto di quanto il mio lessico sia migliorato ascoltando gelosamente le radiocronache domenicali. In quali altri contesti avrei potuto ascoltare espressioni come “gigioneggiare”, “traccheggia”, “fromboliere”, “scoramento” e via dicendo?
E, bada bene, conoscere queste parole consente anche di (non) usarle al meglio, evitando di scrivere articoli pieni di errori clamorosi o testi troppo noiosi.
In epoca di SEO copywriting, rispettare la parola quando si scrive un copy per un sito internet è semplicemente decisivo. Alla mancanza di spazio si affianca la necessità di inserire le parole chiave corrette, le giuste co-occorrenze, sottotitoli sensati ma allo stesso tempo ottimali per Google. Rispettare la parola, nel momento storico in cui produrre video e audio è diventata cosa assai abbordabile, è tanto importante quanto indispensabile.
Non sprecare parole, attenzione, significa anche non perdere l’occasione di spendere qualche termine in più per far capire bene cosa si voglia dire. Riprendendo un estratto del libro Testi che Parlano di Valentina Falcinelli:
Aggiungere un elemento non è mai sbagliato se il fine ultimo è la chiarezza.
Rispettando la parola, sia il copywriter che il cronista arrivano a far bene il proprio lavoro e a creare contenuti chiari, con una propria identità e soprattutto concisi, il che non significa per forza corti, ma che esprimono chiaramente quello che si deve dire.
Niente di più, niente di meno.
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